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2020: parità di genere, bulli e teenager

Il 2020 sarà un anno cruciale per le donne, la parità di genere e la salute? Così sembra pensare, fino dal titolo dell’editoriale, la rivista scientifica Lancet. Nel numero di fine anno si sostiene che «lo sviluppo sostenibile non si può raggiungere senza parità di genere». E tra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibili decisi dall’Onu per il 2030 è il quinto, quello appunto sulla parità di genere, a risultare centrale. Ed è questo il fulcro anche del progetto europeo delle due Ong World Friends e Crescere Insieme dal titolo il femminile di uguale (www.ilfemminilediuguale.it). Laddove si intrecciano storie di donne con altri “Goal 2030” e in particolare Salute e Istruzione (SDG3 e SDG4).

Ricorda il Lancet che il Report 2020 del World Economic Forum (Global Gender Gap Report 2020) ipotizza 99,5 anni per raggiungere la parità di genere nel mondo. «E nonostante la maggior parte della forza lavoro nel pianeta sia donna proprio lo scorso mese tre delle maggiori organizzazioni globali sulla salute — Bill & Melinda Gates Foundation,  Clinton Health Access Initiative e PATH— hanno annunciato che il loro prossimo  presidente (Ceo) sarà un uomo». Che la lotta per la parità di genere, anche in Salute, in termini di prevenzione (Lancet prende l’esempio della eliminazione del tumore al collo dell’utero), sia al fondo una questione legata a fattori sociali, culturali, economici e geografici sembra ormai evidente. Così come i pregiudizi, le norme, i diritti, la leadership delle donne si incrocino – continua il Lancet – con altre categorie di penalizzazione, come sono l’appartenenza razziale, etnica, l’orientamento sessuale, la classe sociale o la povertà.

Ma esistono soprattutto stereotipi culturali. Il recente studio su oltre 860 teenager maschi di 13-19 anni apparso sull’American Journal of Preventive Medicine può indurci a riflettere.

Si tratta di una ricerca effettuata nelle periferie più povere di Pittsburgh tra i ragazzi che frequentano programmi di doposcuola in biblioteche, chiese, associazioni. I ragazzini che sono testimoni di abusi sulle donne fatti da loro coetanei sono assai più propensi ad adottare comportamenti prepotenti e violenti con gli altri come verso le proprie compagne rispetto ai ragazzini che non vedono simili episodi. Sono i ricercatori della University of Pittsburgh School of Medicine e dell’ UPMC Children’s Hospital di Pittsburgh ad aver condotto l’indagine tra l’agosto 2015 e il giugno 2017. Il 70% dei teenager era afro americano, il 21% ispanico, multirazziale o “altro”. Tra i 619 ragazzini che avevano avuto o avevano una ragazza, uno su 3 si era comportato in modo violento con lei nei precedenti 9 mesi. Altro dato: autori di molestie sessuali, nel 56% del campione. Il 68% dei ragazzi ha risposto di aver aggredito, minacciato o ingiuriato qualcuno. I ragazzi che erano stati testimoni di almeno due di nove differenti comportamenti lesivi sia verbali, fisici o sessuali verso donne o ragazze – a cominciare da commenti offensivi o irrispettosi sul corpo di una ragazza – avevano da 2 a 5 volte più possibilità di essere coinvolti in comportamenti violenti. Stereotipo della mascolinità – l’hanno chiamato i ricercatori – che perpetua comportamenti nocivi verso donne e ragazze e che è anche associato ad atteggiamenti aggressivi e di lotta con altri ragazzi. Interessante annotazione: i ragazzi violenti con le donne e aggressivi non risultavano (tre quarti di essi) avere atteggiamenti omofobi, tipo prese in giro o altro. Segno probabile di una “normalizzazione”, di qualcosa per loro “accettabile”.

Maurizio Paganelli

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