Il coro

Le voci del coro da Nairobi ad Alessandria

La prima versione di “Equality”, cantata dal coro della scuola di musica e danza Banjuka
Maestro Pesce, l’uomo bianco dai capelli lunghi che suona le tastiere e che è già stato qui lo scorso gennaio, proprio qui in questo capannone di lamiera, pali di legno e pavimento di polveroso cemento, la sa lunga per coinvolgere e far cantare ragazzini e ragazzine. Sono lì tutti intorno a lui che lancia la tonalità e inizia le frasi. Si interrompe e cerca di spiegarsi nel suo inglese stentato. I maschi sono più timidi e velocemente si sottraggono ma restano intorno come api sui fiori. Le ragazzine sorridono e sentono George e poi Beth, gli insegnanti di musica e di ballo della scuola-progetto di Babadogo, ricordare le strofe e battere il tempo. Maestro Pesce segnala con le mani e poi con la voce le battute, le entrate, i silenzi. Dopo la prima frase c’è lo “stop”, dice lui, “beautiful we’re going…after (e agita  su se stessa velocemente la mano con il dito indice dritto come segnale di dopo)… the second..one,two, three, four”. Così riprende a suonare e loro a cantare. Li aiuta battendo i tasti in modo semplice e rallentando il tempo. Sono le prove, le velocissime prove, un pomeriggio, di Equality, la canzone filo conduttore del progetto “Il Femminile di Uguale“, quel ponte anche musicale tra Alessandria, Italia, e Nairobi, Kenya
Enrico Pesce l’ha creata mixando e reinventando le frasi sentite nelle interviste delle donne in Piemonte e in Kenya. Per quanto riguarda l’Africa ha preso spunto dall’amore del gospel espresso da quasi tutte e in particolare dalla moderna versione di gospel ascoltato al concerto di CalledOut. Le parole del coro sono una sintesi delle “versioni” femminili sulla parità di genere. “Lei, Noi, Tu, Io vogliamo sperare- Lei, Noi, Tu, Io cambieremo – Lei, Noi, Tu, Io combatteremo, ci alzeremo, ameremo, danzeremo per la Parità di Genere, Eguaglianza di Genere…
 
Le piccole voci del coro così improvvisato seguono le mani che si agitano del Maestro, guardano il foglietto  con le parole scritte a penna e tenuto stretto da Esther, la quindicenne: “Once again”, ancora una volta, dice Maestro Pesce. Corrono un po’ troppo e la mano del Maestro fa segno di rallentare, l’abitudine gli fa dire un/due/tre/quattro in italiano.
 
La prima parte è conclusa, ora si prova tutti insieme con l’orchestra. Il coro si infoltisce coinvolgendo ragazze più grandi, anche Rael e Vivian che hanno diciassette anni. La più piccola ne ha solo dieci. Vivono tutte negli slum e quartieri qui vicino, Kariobangi e Babadogo. Sono a decine i bambini a vedere, sentire, battere le mani, sorridere, alcuni a suonare. Solo una piccola parte ci mette la voce e canta. Le prove vanno avanti nel pomeriggio, le registrazioni captano i suoni e le note che saranno poi rielaborati.
 
Tre giorni dopo in un altro luogo di Nairobi, una sala dell’ospedale creato dalla ONG WorldFriends nel distretto di Ruaraka, il Neema Hospital, c’è il coro gospel delle infermiere a fare le prove e intonare Equality. Indossano gli abiti degli spettacoli e ondeggiano al ritmo della musica, prendendo subito confidenza con parole e note, intonando nel modo giusto il grido di cambiamento che si chiude sulle parole Gender Equality. Sono infermiere, caposala, amministrative, inservienti. C’è Florence (leggi la sua intervista completa) come la “mama” Rose della guesthouse dell’ospedale. E c’è sempre Maestro Pesce a dirigere e registrare.
La seconda versione di “Equality” è frutto della collaborazione tra i laboratori musicali di Alessandria e Nairobi
Passato un mese le stesse note e le stesse parole, su fogli fotocopiati, pentagramma e leggio, sono nelle mani dei ragazzi e ragazze del liceo musicale Saluzzo Plana di Alessandria. Prove generali di un mattino, stesso tempo che negli slum di Nairobi; il Maestro Pesce ha dato solo adesso all’orchestra e al coro gli spartiti. «Come ho fatto giù a Nairobi», sottolinea, «anche se qui ci sono altri strumenti, altre nozioni, molti più insegnanti».
 
Prima le prove separate dei vari strumenti e delle voci, poi ora nella sala più grande tutta l’orchestra, con mixer, casse e microfoni. Sono cinque donne, Elisa Bompani, Greta Cadamuro, Martina Fracchia, Chiara Paganotti e Aurora Silimon e due uomini, Ludovico Linardon e Tsvetan Nisterov, a ripetere il ritornello: She, We, You, I will hope…will change…will dance…will fight…will win Gender Equality. Otre i muri, oltre i confini dei Paesi.
 
Maurizio Paganelli
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